Belli e (im)Possibili: Cockneys vs Zombies

Sfoderare un pizzico di coraggio in più a volte fa la differenza.
Un piccolo sforzo in certe occasioni può essere decisivo per innalzare la qualità, già buona, di un prodotto, portandola magari a livelli superiori o eccelsi e ridefinendolo poi integralmente da capo a piedi. Quello sforzo, chiamato pizzico, però non sempre è semplice da tirar fuori, perché seppur piccolo spesso è determinante a riscrivere completamente il senso dei nostri obiettivi e di ciò che ne ruota attorno.

Prendersi gioco del genere horror, quello legato agli zombie , è una pratica che ha preso piede ormai da qualche anno, sfornando man mano anche titoli di indubbio valore come “L’Alba dei Morti Dementi” o il più recente “Benvenuti a Zombieland”. Ecco perché se si sente il bisogno di continuare, o proseguire, un filone di questo tipo – che ormai ha detto in abbondanza - c’è bisogno continuamente di trovare qualcosa di nuovo, di stupire lo spettatore, di regalargli quella risata o quella soluzione ad effetto che ancora non è stata trattata o architettata da nessun’altro. Lo sconosciuto regista Matthias Hoene in un certo senso la carta per sbaragliare la concorrenza, quella ampia diciamo, l’aveva pescata: ed era concentrata nell'idea di portare degli zombie ad attaccare un ospizio in fase di chiusura, con una miriade di anziani acciaccati e malconci pronti a difendersi ad ogni costo. E poggiato solo su questo piano il suo “Cockneys vs Zombies” sarebbe diventata una commedia-horror dal sapore assai trash ma indirizzata a restare scolpita sia per inventiva che folclore, distaccata dalle affiliate concorrenti di maggior spessore proprio a causa di una rara spensieratezza che andava ad operare da principale sponsor.

Purtroppo qui ritorna a bruciare quel pizzico di cui parlavamo sopra, provocato pensiamo dalla troppa paura di scadere nel trash purissimo - visto spesso come etichetta negativa - e quindi allontanato con l’inserimento di una sottotrama rivolta a dare profondità alla storia: aggiungendo due teppistelli, nipoti di uno dei nonni protagonisti, impegnati a compiere una rapina in banca per ricavare il denaro destinato a salvare la messa in vendita dell’ospizio e mantenere così gli anziani sulla loro costa d’appartenenza (quella Est, da cui deriva il termine Cockneys). Ciò tuttavia omologa un tantino di troppo la ventata di novità che Hoene aveva dalla sua parte e sposta la sua pellicola su binari sicuri ma comunque già calpestati, facendogli acquistare quel senso d’appartenenza ma al tempo stesso perdere l’irriverenza, la fortissima dose di cattiveria e la verve unica che avrebbe potuto vantare.

Vien da sé allora che “Cockneys vs Zombies” deve accontentarsi di arrivare dietro coloro che lo hanno preceduto, in questa corsa in cui ha deciso di inserirsi per non gareggiare unico partecipante nell'altra a lui riservata, dove sicuramente avrebbe vinto con facilità e sacrosanta scioltezza. Dei colpi di estro notevoli però Hoene li azzecca alla grande, ed oltre a quello che vede un duello in velocità (quasi alla pari) tra zombie e anziani dotati di deambulatore, in alcuni sprazzi la pellicola sforna delle sequenze scorrettissime e forti di acume appuntito d’alto livello. Nel finale, forse, si scende un pochino nella retorica ma fortunatamente non è quella grezza e deleteria, bensì quella accettabile che premia l’attaccamento di ogni popolo alla propria terra, la stessa che rivendicherà all'infinito, di generazione in generazione.

Presentato al Future Film Festival di Bologna quest'anno, “Cockneys vs Zombies” non ha ancora una distribuzione italiana.

Trailer:

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