La Madre - La Recensione

Preso unicamente come horror, poco si può rimproverare al primo lungometraggio di Andrés Muschietti che, con un colpo al cerchio e uno alla botte, si presenta commercialmente munito di tutti gli elementi cari al genere a cui appartiene, e allo stesso tempo provvisto della volontà di distaccarsi da similari prodotti di massa, evitando il rischio che chiunque gli si avvicini ne resti istintivamente insoddisfatto o non colpito.

La sua operazione architettata a tavolino – e bravissima a non peccare di presunzione - rimanda ad un'altro lavoro uscito al cinema solo pochi mesi fa, quello de "Le 5 Leggende", chiaramente un altro campo da gioco a confronto, ma che in comune con "La Madre" porta anche lui il nome di Guillermo Del Toro tra i produttori esecutivi, e cercava - in perfetta linea con il suo nuovo parente - di accontentare tutti raggruppando vari personaggi festaioli vestiti da super-eroi.

Il poliedrico regista messicano infatti ha deciso di produrre una versione lunga del corto di Muschietti, "Mama", dopo averlo visto ed esserne rimasto altamente impressionato, abbastanza almeno da vederne le capacità per farne un vero e proprio successo di cassetta. Forte di un produttore dal nome così pesante allora "La Madre" (ancora “Mama” in originale) ecco che ingigantisce, cresce, e compie un lavoro curato al millimetro dove bambini, fantasmi, eventi soprannaturali, case infestate, cliché e momenti da far sobbalzare dalla poltrona non si fanno certo pregare, accontentando lo spettatore medio e lasciando privo di novità ma anche privo di malcontento quello più pretenzioso.

Eppure c'è anche qualcosa di più che trasuda da questo horror di radice spagnola formalmente onesto e ordinario, un secondo valore, più profondo, più puro di quanto non lo sia il volersi accaparrare modestamente i consensi del pubblico. Riguarda principalmente l'attaccamento all'istinto materno, al senso di protezione di una madre –generica, non solo quella del titolo - verso i propri bambini: un comportamento che trascende dal ruolo in sé stesso, poiché fa parte della donna tutta a prescindere. Troviamo allora una Jessica Chastain - per la prima volta dark e punkettara - restia a prendersi cura dei nipoti acquisiti dalla scomparsa del fratello del compagno, insicura di essere in grado di eseguire la sua nuova mansione materna ma che poi intuisce di possedere in lei quasi spontaneamente. Dall'altro lato invece c'è la seconda madre - quella del titolo stavolta - con un passato oscuro che non gli ha permesso di esercitare quel ruolo con il suo vero bambino e che, col vagare oltre la forma umana, ha trovato il modo di rifarsi alimentando il desiderio di accudimento e di affetto verso qualcuno in difficoltà, da crescere e da educare.

Gli effetti di ciò vengono racchiusi nei comportamenti e nell'attaccamento delle vittime, le due bambine, traumatizzate da ciò che i loro genitori biologici gli hanno riservato e affettivamente salvate, formate e legate a entrambe le madri "acquisite", che di loro si son prese cura, chi selvaggiamente e chi meno. Con questa introspezione sulla figura materna Muschietti alza leggermente pertanto il valore del suo prodotto, staccandolo dagli altri fratellastri meno accuditi e più insipidi e consegnando la pratica del confezionamento al mentore Guillermo Del Toro, uno specialista a riguardo. Nonostante questo però una volta scartato, “La Madre” si accetta con accoglienza misurata, esente di quell'entusiasmo che qualcuno, forse, lecitamente poteva aspettarsi, fallendo perciò il raggiungimento completo degli obiettivi prefissati.

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