Il Cacciatore di Giganti - La Recensione

Quando si passa da "I Soliti Sospetti" e "X-Men" a "Il Cacciatore di Giganti" è il segnale che qualcosa nel cammino non ha funzionato. E Bryan Singer, se fosse costretto a guardarsi indietro per cercare l’intoppo, sicuramente si soffermerebbe a riflettere su "Superman Returns" e "Operazione Valchiria", due pellicole che non meriterebbero neppure troppa cattiveria nei loro confronti ma che purtroppo sono state complici di delusioni e insuccessi commerciali.

Fiaschi, che hanno portato il regista a cuocersi all'interno di un interminabile inattività e quindi ad essere coinvolto (forse per obbligo di contratto) poi in un progetto che probabilmente se gli fosse sbucato appena dopo "X-Men 2" non avrebbe neppure guardato oltre la prima pagina. "Il Cacciatore di Giganti" infatti fa parte di quell'insieme di blockbuster che ogni anno approdano nei cinema - più o meno nel periodo tra marzo e aprile - per far botteghino e numero, e che alla loro direzione vedono sempre il nome di uno sconosciuto di turno scelto appositamente per mettere una persona fisica dietro ad un opera che potrebbe tranquillamente sussistere anche con sedia da regista vacante.

La verità è che basta davvero troppo poco per afferrare questo concetto, e il prologo iniziale interamente allestito in computer grafica ed eseguito con scarsissime tecniche d'animazione ed effetti speciali ne è un ottimo esempio. Da li in poi l'operazione va ad assumere i tratti fortemente fiabeschi dei due libri da cui prende spunto - "Jack the Giant Killer" e "Jack and the Beanstalk" - facendo il pieno di scenari già visti e soluzioni narrative tutt'altro che originali: il protagonista contadino innamorato della principessa entra in possesso di fagioli magici pericolosi, i quali accidentalmente compiono il loro destino e scatenano la furia di un mucchio di orripilanti Giganti con conti in sospeso verso gli esseri umani.

Come andrà a finire non è certo un mistero e allo stesso modo non lo è nemmeno la grandissima conferma di Stanley Tucci che davvero riuscirebbe a spiccare persino se inserito in una pellicola di Serie Z. Uno dei grandi misteri potrebbe essere invece scoprire come Ewan McGregor sia capitato a recitare in una pellicola del genere o magari comprendere se il protagonista Nicholas Hoult - al cinema solo pochi mesi fa con "Warm Bodies" - con la sua ironica mimica facciale possa veramente prendere un giorno l'eredità di Hugh Grant nelle commedie sentimentali, proprio lui che con l'attore inglese aveva trovato fortuna nel lontano 2002 recitando in "About a Boy".

In sostanza, per farla breve, “Il Cacciatore di Giganti” equivale a due ore scarse di intrattenimento passabile e allo scoccare della sua fine le recenti voci che confermavano Bryan Singer tornare al timone della regia dei suoi vecchi amici mutanti non suonano più così tanto incomprensibili, e in netta contrapposizione rispetto a scelte eseguite in passato, come potevano suonare inizialmente.

Anche per lui è giunto il momento di tornare a casa, di viaggiare a ritroso per recuperare quell'ossigeno mancato negli ultimi anni, di fuggire da quel soffocamento che lo ha debilitato e portato a dirigere blockbuster sfortunati o troppo trash. Una luce adesso è comparsa dall'oscurità, al miglior Singer ora il compito e il dovere di percorrerla, per ricalcare nuovamente ma con stile quelle origini antiche che sono sue come degli X-Men.

Trailer:

Commenti