Il Comandante e la Cicogna - La Recensione

Si tratti di dramma o di commedia, in questo momento il cinema italiano sente il bisogno dirompente di raccontare la crisi sociale che sta attraversando il nostro paese. C’è chi la affronta di petto, chi la spia dal binocolo e chi tenta di difendersi da essa proteggendo i propri valori, ad ogni modo l'esistenza di un periodo particolarmente corrotto è divenuta una realtà talmente ingombrante da non poter essere tralasciata in alcun caso.

Silvio Soldini - messe da parte le parentesi drammatiche di "Giorni e Nuvole" e "Cosa Voglio di Più" - sceglie quindi di fare ritorno alla commedia in un lasso di tempo in cui il trattamento dei toni leggeri non può altro che avere un sapore agrodolce se non addirittura amaro. Ridere spensieratamente si è fatto mestiere impraticabile, se non proibito, e "Il Comandante e la Cicogna" questo lo sa benissimo e perciò neppure prova a metterlo in atto. Guardarci dall'alto sembra essere l’unica soluzione per trovare il bandolo della matassa, per recuperare quella visione ad ampio spettro che in questa volgare confusione ci è impossibile inserire ma che non manca invece alla cicogna del titolo, simbolo per eccellenza, non a caso, della (ri)nascita.

Cosa penserebbero i grandi storici del passato (da Garibaldi, a Verdi, a Leopardi) se potessero vedere oggi come si è ridotto il nostro paese? Nel suo film Silvio Soldini se lo chiede e prova anche a fornire delle risposte, andando a pescare più volte le statue sparse per la città e assegnando loro una voce fittizia che li aiuti ad esprimersi a riguardo. Chiaramente le parole spese non sono certamente parole di conforto ma quelle di chi rimpiange la fatica e i sacrifici fatti per consegnare infine questa penisola ad un popolo immorale, irresponsabile e egoista come quello attuale. I veri protagonisti, quelli che si muovono in questa giungla (come la chiama il personaggio di Luca Zingaretti), rappresentano, dal canto loro, sfaccettature e costumi chiamati ad incarnare l’istantanea di questa società. C’è l’idraulico onesto con due figli da accudire e nessuna donna al fianco (Valerio Mastandrea), “forzato” a collaborare con la delinquenza per restituire dignità alla sua famiglia; c’è l’aspirante pittrice disoccupata (Alba Rohrwacher) che per sopravvivere deve piegare il suo talento alle richieste della committenza; c’è l’avvocato bastardo (Luca Zingaretti) che aiuta i mascalzoni a farla franca e, infine, c’è persino chi da questo marasma ha deciso di prendere le distanze e di uscirne fuori completamente: un grottesco ma efficacissimo Giuseppe Battiston.

Il Comandante e la Cicogna” allora si assorbe allo stesso modo in cui viene assorbito l'ascolto di una sveglia di prima mattina, una sveglia dalla melodia piacevole ma che non sa perdere comunque la spontanea funzione di infastidire chi sta dormendo profondamente. Soldini spinge per ricordare quanto il risveglio da intraprendere debba essere cosa immediata perché l’impegno da onorare ormai è urgentissimo. E a questo punto quella di vederci sullo schermo, forse, sembra la prospettiva migliore per rendersene conto.

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