007: Skyfall - La Recensione

Difficile credere sia solo questione di casualità, è molto più facile pensare il contrario, sta di fatto che la ricorrenza dei cinquant'anni di James Bond in "Skyfall" si sente tutta, eccome. In questo ultimo capitolo non si perde mai occasione di celebrare il mito di un personaggio giunto cinematograficamente al mezzo secolo di vita e che, a conti fatti, ha conservato integralmente tutto l’appeal e l’affetto guadagnato da parte del (suo) pubblico.

Ed è proprio il tema del tempo (e dell'età) in "Skyfall" a considerarsi, per certi versi, quello principale, poiché viene calcolato ed esteso in maniera velata e altresì palpabile per tutto lo sviluppo della trama. Il ventitreesimo James Bond spunta allora come una cesura eseguita con lo scopo di segnalare il cambiamento di un epoca, la stessa sulla quale fino ad ora si era mosso autoritario e forte il famoso agente doppio zero. E' l'intera storia a venire edificata su queste basi a partire dalla pensione anticipata infierita a "M" (Judi Dench) ritenuta, in seguito alla morte di Bond, non all'altezza di un servizio che ora ha bisogno di essere rivisto e aggiornato. Lo si notifica forte e chiaro: questa è un era in cui i conflitti non si vincono più sul campo, dove la tecnologia e l'informatica crescono smisuratamente a vista d'occhio e dove è sufficiente stare seduti in pigiama sul divano di casa per creare panico e scompiglio da qualsiasi altra parte del pianeta.

Bond ha capito che il mondo a cui era dedito è cambiato, sa benissimo che lui è un superstite del vecchio e sopravvivere nel nuovo è probabilmente la missione più dura da dover superare. In "Skyfall" lo vediamo morire vittima del suo stesso sistema, negarsi ai suoi doveri e, solo per puro patriottismo, risorgere dalle ceneri e tornare operativo per la Gran Bretagna. Ma non è il vero Bond, è una brutta copia di quello che conoscevamo: barba incolta, pessima mira, affaticamento fisico, paura. Gli serve tempo per tornare a credere in sé stesso, per arrivare all'auspicata scena laddove una doverosa sbarbata eseguita “alla vecchia maniera” - quindi con un rasoio - dalla collega Eve (Naomie Harris) fa esclamare a quest’ultima l’azzeccata frase ad effetto: “Ecco, ora sei in parte!”.

Perché di significati doppi o celati la pellicola diretta da Sam Mendes né ha in abbondanza e li usa intelligentemente per rafforzare i concetti di cui è ambasciatrice e per accrescere la dose di humour senza la quale lo stile dell’agente segreto non sarebbe riconoscibile. Per quanto si cerchi di tenere a freno la faccenda, inoltre, esistono addirittura dei punti di contatto che uniscono trasversalmente "Skyfall" al "Il Cavaliere Oscuro" e si concentrano prevalentemente nella costruzione del villain Silva interpretato da un magnifico e straripante Javier Bardem. La sequenza che lo vede imprigionato temporaneamente nella cella trasparente del quartier generale dei servizi segreti fa il paio con quella del Joker intrappolato in carcere nel secondo capitolo della saga di Christopher Nolan e i risvolti della scena in questione, uniti anche a un pre-finale che ci riporta alle origini scozzesi del personaggio creato da Ian Fleming e poi nei sotterranei nascosti della sua antica dimora, non fanno altro che aumentare le affinità evidenti tra i due franchise.

Di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima ma tuttavia 007 al cinema non smette mai di appassionare e scatenare gli spettatori. C’è ancora qualcuno che fa fatica ad accettare Daniel Craig per il personaggio che interpreta, eppure bisogna ammettere che durante il suo corso ha già assestato con l'ottimo "Casino Royale" e questo epico “Skyfall” due colpi su tre notevolissimi per la filmografia dell'agente segreto. Che sia bravura o fortuna poco importa, quello che conta è che il mito di Bond continui a viaggiare col vento in poppa, perché per quanto i tempi possano cambiare c'è una certezza a rimanere immutata: "ogni tanto un grilletto deve essere premuto".

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