Amour - La Recensione

Sulla carta "Amour" doveva essere una storia densissima, toccante, tragica e dolce allo stesso tempo.
Il racconto della vecchiaia nella sua forma peggiore, quella della sofferenza di una donna costretta a perdere l’autosufficienza a causa di un ictus che le paralizza tutto il lato destro del corpo, condizione che la porta a diventare subordinata al proprio marito il quale, senza batter ciglio, le promette di prendersi assoluta cura di lei in malattia come in salute. Un amore fortissimo, indissolubile, incapace di affievolirsi neppure di fronte all’enorme dolore ma anche in grado di generare dei risvolti sconvolgenti.

Ma i film, lo sappiamo, non vivono solo sulla carta, e "Amour" sul grande schermo trasmette un effetto completamente differente rispetto alle attese previste. La pellicola vincitrice della Palma d'Oro all'ultimo festival di Cannes irrita, annoia, agonizza, sfinisce, arrabbia. E il merito (o la colpa) di questi scomodissimi effetti è concentrato esclusivamente sulla regia furbesca e arrogante di Michael Haneke.

Il regista austriaco racconta la vicenda concentrandosi su momenti di vita piccolissimi della coppia e usa spesso la tecnica di ripresa a camera fissa per riprendere gli attori (e gli ambienti) da un punto di vista esterno simulando un occhio indiscreto nascosto sulla scena. "Amour" cerca così di scavare nel cuore dello spettatore ponendolo in modo scorretto davanti al dolore (e all'amore) dei suoi personaggi, sceglie di tenere un ritmo molto lento e crea delle sospensioni narrative di difficile digestione. Haneke innalza  momenti forzati e mai emozionanti, ricattatori per chi sta guardando, che teoricamente dovrebbe restare li e sentirsi in colpa nel caso in cui non riuscisse a provare alcun tipo di sentimento.

Perché forse ci vuole un po' di coraggio ad ammettere che in realtà il film di Haneke è una scatola tendenzialmente vuota, dove il regista è primo responsabile della mancata empatia incapace di fuoriuscire dalla pellicola. Di fronte alla delicatezza di certi argomenti allo spettatore medio rimarrebbe più facile commuoversi e non restare indifferente, anche forzando, magari, quelle che sarebbero poi le vere sensazioni, giusto per non sembrare troppo insensibile verso sé stesso e verso gli altri.

Così, se fossimo costretti a salvare qualcosa di "Amour" sicuramente dovremmo attaccarci alle interpretazioni dei due attori protagonisti, Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva, entrambi eccezionali a dar vita ai loro difficili e tormentati personaggi. Ma è un dato di fatto affermare che purtroppo nemmeno loro, pur essendo la cosa migliore, sono in grado di tirare su un film interamente privo di anima e colmo di fastidi dal principio fino al suo scontato epilogo.
Una tortura decisamente da evitare.

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