The Avengers - La Recensione

Sorge spontaneo un curioso parallelismo se si prova a guardare a “The Avengers” da una certa distanza. Ed è quello che lega Joss Whedon a Nick Fury. Il primo è il regista e co-sceneggiatore (insieme a Zak Penn) del film e il secondo è l’agente segreto, interpretato da Samuel L. Jackson, incaricato di assemblare la cosiddetta squadra dei vendicatori.

Entrambi hanno dovuto affrontare infatti le stesse, grandissime difficoltà prima di riuscire a mettere in piedi il loro ambizioso progetto. Perché portare al cinema una pellicola colma di aspettative come questa era un lavoro di problematica esecuzione, tanto quanto quello di radunare un gruppo di eccentrici, egoisti e presuntuosi supereroi per poi inserirli all’interno di un'unica squadra designata a combattere e a contrastare l’ennesima minaccia aliena approdata sulla terra.

Considerando la scarsissima vena qualitativa messa in mostra dalla Marvel negli ultimi anni con “Iron Man 2”, “Thor”, e “Captain America: Il Primo Vendicatore”, quella di far coesistere nella stessa storia ben sei supereroi senza creare l’ennesimo e insoddisfacente giocattolone inutile sembrava quasi una sfida impossibile da realizzare e che richiedesse quantomeno un acutissimo raziocinio in fase di regia e di sceneggiatura. Ma “The Avengers” invece spiazza ogni tipo di pronostico negativo e, oltre ad essere esattamente quello che ogni appassionato sperava e voleva vedere, si dimostra soprattutto una conferma di quanto i progetti Marvel abbiano un diverso peso specifico l’uno dall’altro. Se “Iron Man 2” quindi era stato unicamente un indiscutibile buco nell’acqua, “Thor” e “Captain America: Il Primo Vendicatore” erano stati scritti velocemente proprio per spianare la strada il prima possibile a quello che in realtà era il vero obiettivo primario.

Sia chiaro, non siamo di fronte a un capolavoro del genere, ciò che portano al cinema i vendicatori è lo standard minimo a cui dovrebbero fare riferimento sempre tutte le pellicole tratte dai fumetti. “The Avengers” è alto intrattenimento allo stato puro e proprio per questo non cerca di dare grande importanza alla trama quanto piuttosto ai personaggi e alla spettacolarità. E in questo Whedon compie forse l'operazione più brillante per eccellenza lasciando entrare benissimo, e con tempi azzeccati, ogni supereroe nel flusso del racconto (l'entrata migliore è di Captain America, silenziosa e potente) e facendo in modo che ciascuno di loro si ritagli uno spazio distinto ma paro a quello dei suoi comprimari. Così il rischio che una forte personalità (Tony Stark, per esempio) potesse diventare la star assoluta della festa viene evitata ampiamente a favore delle moltissime possibilità comiche scatenabili, come prevedibile, dal protagonismo delle complicate individualità da gestire (fantastici i momenti di Stark e Hulk).

Se paragonati alla maestosità di un immenso parco giochi in cui è praticamente impossibile non divertirsi, i difetti della pellicola, seppur ci sono, sembrano assottigliarsi talmente tanto da risultare impercettibili. Ci si dimentica della partenza troppo sostenuta affidata nelle mani di un Loki forse poco sfaccettato ma ci si ricorda benissimo del combattimento elettrizzante misto di coattaggine e umorismo offerto durante le battute finali. Ecco, è precisamente durante quell'esatto momento che Joss Whedon e Nick Fury rimarcano nuovamente la loro equivalenza. L'istante simile a un fermo immagine in cui intravediamo la vittoria di entrambi venire ufficialmente sancita. Alla fine ce l’hanno fatta: hanno saputo trovare gli ingredienti adeguati, li hanno miscelati fino a creare un amalgama compatta e uniforme e, una volta assaporato il composto, hanno compreso di aver concepito il congegnato perfetto.

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